Foza - storia, leggende, memorie (Paolo Cappellari)
FONTE BIBLIOGRAFICA
<< F O Z A >> STORIA - LEGGENDE - MEMORIE
di PAOLA CAPPELLARI
(pag. 27-28) - ORIGINI DI FOZA
L'origine di questo Comune, come del resto di tutti gli altri Comuni dell'Altopiano, è assai oscura, nè si può congetturare, anche da uno studio profondo "de origine" quali siano stati quei popoli che per primi si installarono in questo territorio dando origine all'odierna popolazione. Problema arduo e difficile è questo, su cui i dotti contendono senza risolverlo, anzi spesso avviene che le loro opinioni riescano a volte strane e altremodo curiose. Nel dialetto tedesco, che si parlava in questo territorio, alcuni dotti vollero riscontrare tracce della lingua scandinava antica; altri della lingua che parlavano i Goti, i Franchi, i Tigurini, i Longobardi, gli Unni, ecc. Alcune ricerche preistoriche, fatte nel territorio dell'Altopiano, potrebbero riconfermare l'opinione, già avvalorata da un passo di Plinio, che queste terre siano state "abitate" dai Reti o Euganei o meglio dagli Eneto-Montani, secondi a stabilirsi in queste terre dopo le prime orde selvagge degli aborigeni.
Ecco quindi la serie di stirpi che i dotti enumerano nelle loro dissertazioni intorno all'origine degli abitanti odierni dell'Altopiano. Lo Schmeller e il Dal Pozzo, emergendo di gran lunga fra gli altri dotti critici, sono concordi nel pensare ad una origine Alemanna: "Sia pure - dice lo Schmeller - che questi popoli discendano dai Cimbri, dai Teutoni e da chi altri si voglia, ma è certo che essi nel XII e XIII secolo devono essere stati in continue ed intime relazioni col ceppo germanico".
Infatti al tempo degli Ottoni, Italia e Germania furono in stretta relazione per le ingenti emigrazioni di questa, cosicchè nelle alte vallate dell'Adige e del Brenta vennero ad accumularsi le genti germaniche formando poi un unico ceppo con questi popoli dell'Altopiano. Il Dal Pozzo poi, vide principalmente che le voci del dialetto di questi abitanti, "raccorciate teutoniche more" sono conformi alla lingua alemanna che si parlava tra il XII e il XIII secolo; epoca che s'accorda a quella citata dallo Schmeller. Ciò potrebbe trovare conferma nel fatto rilevato da Mons. Zanocco, Archivista della Curia Vescovile di Padova, il quale ha trovato il documento nella Curia stessa, secondo il quale il parroco di Foza era obbligato a dispensare del vino ai fedeli in Chiesa, nel giorno della festa di S.Giovanni Evangelista. Questo uso o rito, lo stesso Mons. Zanocco lo identificherebbe nel fatto da lui stesso riscontrato a Landembak nel Wurtemberg, dopo la celebrazione del quale, il parroco porgeva da bere agli sposi e ai testimoni, del vino in calice, proferendo queste parole: "Bibe amorem Sancti Johannis Evangelistae".
Questa dispensa del vino, in tutti e due i casi, con l'accenno a S.Giovanni Evangelista, potrebbe secondo Mons. Zanocco accennare alla stessa origine del popolo germanico, nella zona del Wunterberg, e di quello di Foza staccatasi da Wunterberg chi sa quando, non potendosi ravvisare una identità di rito, ove non persistesse una identità di stirpe. Si potrebbe anche pensare, però, che tale cerimonia sia stata portata dai Frati tedeschi che erano stati chiamati dal Priore di Campese a reggere la Chiesa.
Il Comune di Foza è uno dei più antichi dell'Altopiano, e questo fu dovuto alla vicinanza al fiume Brenta, il quale era una specie di porto fluviale, da cui il legname, composto in zattere, veniva avviato per la vendita alle città venete fino a Venezia.
Questi monti erano anticamente coperti da fitta boscaglia e i boscaioli, partendo da Valstagna e disboscando continuamente il terreno, si portavano sempre più in alto addentrandosi nella foresta e allontanandosi sempre più dal luogo di partenza.
Coll'andare dei tempi, onde evitare l'inutile cammino del ritorno a Valstagna, cominciarono a costruirsi nel luogo di lavoro delle baite e un po' alla volta si stabilirono definitivamente su questi monti, dando origine al Comune di Foza. Qualcuno cominciò a dedicarsi alla pastorizia. Nelle vicinanze delle baite cominciarono a dissodare il terreno, coltivandolo a prato e a seminativo.
(pag. 9-10) - POSIZIONE GEOGRAFICA
Foza è situata a 1.083 metri sul livello del mare. Occupa la parte nord-orientale dell'Altopiano di Asiago. Possiede inoltre 862 ettari di terreno nella zona del Ghertele a confine con le parti dei comuni di Lusiana e di Roana. Il Ghertele apparteneva in passato ad una possidente signora la quale poi lo lasciò in eredità ai Sette Comuni.
Le rocce che costituiscono le cime sono di tipo carsico e di conseguenza povere d'acqua. Le valli sono di origine glaciale. Il terreno presenta molti avvallamenti, grotte e voragini con grandi canaloni quasi sempre asciutti. In passato alcuni studiosi ritenevano che l'intero Altopiano costituisse l'immensa volta di un lago i cui sbocchi si sarebbero trovati nella grotta di Oliero (Valsugana) e nella grotta di Casotto (Val d'Astico)....
(pag. 31-32) - LA REGGENZA DEI SETTE COMUNI
Nel 1301 i Sette Comuni si unirono definitivamente e chiamarono "Reggenza" il loro governo stabilendo dei rapporti di carattere politico ed economico. La nostra Reggenza è stata la seconda, dopo quella Svizzera, a sorgere in Europa. Lo statuto proclamato il 29 giugno 1310, nel I articolo diceva: "Il bene del popolo è il bene del governo, e il bene del governo è il bene del popolo". A formare il governo venivano scelti quattordici Reggenti (due per ogni paese) con elezione per votazione democratica durante le Vicinie, dei capi famiglia dai vent'anni in poi. Si riunivano quindi in un Congresso (Riduzioni) nel palazzo della Reggenza che si trovava ad Asiago e qui veniva nominato il Cancelliere che era Capo Supremo dello Stato.
La Reggenza aveva un piccolo esercito di settecento uomini in tempo di pace e di quasi quattromila soldati in tempo di guerra; aveva diplomatici a Venezia, a Verona, a Padova e perfino a Vienna. Lo stemma rappresentava sette giovani teste, con i capelli biondi e gli occhi azzurri (è evidente la prevalenza nordica data da queste caratteristiche fisiche). Sopra l'entrata del palazzo era scritto: "Sleghe un Lusaan - Gebene un Wusche - Ghel Rotz Robaan - Dise saint Siben - Alte Komeun - Prudere Liben", che significa: "Asiago e Lusiana - Enego e Foza - Gallio Rotzo e Roana - Questi sono i Sette - Antichi Comuni - Fratelli cari".
Sulla porta della sala dei Congressi invece era scritto "Septem Communium hic regitur Provincia", cioè: "Qui viene retta la Provincia dei Sette Comuni".
All'interno, la sala del consiglio aveva le pareti affrescate con i sette stemmi dei Comuni; quello di Foza rappresentava un pastore con un bastone in mano: con i capelli lunghi, l'occhio fiero, la fronte incorruttibile.
Era la nostra, una piccola nazione, indipendente dagli altri e rispettata dai grandi feudatari che la ebbero sotto di sè. Primo fra tutti fu Cangrande della Scala che la vide nascere. Gli altopianesi inviarono appunto a Vicenza dei funzionari per presentare al Signore lo statuto della loro Reggenza e mettersi sotto la sua protezione. Cangrande accettò di buon grado garantendo il proprio aiuto. Egli veniva sempre informato di quanto accadeva nei Sette Comuni.
(pag. 33) - PASTORI DI FOZA
L'attività prevalente dell'Altopiano di Asiago era la pastorizia, a Foza in particolare aveva un grande sviluppo. "I pecorai di Foza" in autunno scendevano con le loro greggi in pianura e nella primavera successiva ritornavano ai monti per il pascolo estivo. Tanto per farci un'idea dell'importanza e della portata della "transumanza", basti ricordare che ancora nel 1373 ben 280 pastori di Foza scendevano in pianura per passare l'inverno. Si trattava, come è evidente, di una emigrazione temporanea che si protraeva per sei, sette mesi all'anno; una vita seminomade, piena di stenti e di insidie. A fianco della pastorizia sull'Altopiano era sorto un artigianato casalingo; si tesseva la lana, la canapa, il lino.
(pag. 40) - LA FINE DELLA REGGENZA
Il Consiglio dei Dieci della Federazione dell'Altopiano si riunì ed inviarono a Napoleone dei delegati per chiedere che fosse riconosciuta la loro indipendenza. Vane furono le loro richieste perchè l'Altopiano fu unito indiscutibilmente al Regno d'Italia. Nel 1807 cessava così definitivamente la Federazione, dopo cinquecento anni di vita gloriosa.
Napoleone fu il nuovo sovrano fino al 1815. Gli uomini dell'Altopiano furono arruolati fra i soldati francesi alla conquista della Russia.
(pag. 41) - IL DOMINIO AUSTRIACO
Dal 1815, cioè dal Congresso di Vienna, Francesco I, Imperatore d'Austria, entrò in possesso dell'Italia e creò nelle regione della Lombardia e del Veneto il Regno Lombardo-Veneto con un governatore austriaco, residente a Venezia. L'Altopiano passò così direttamente sotto il suo governo.
(pag. 80) - MARCOLONGO
....Nel 1515, quando viene rinnovato con Campese il contratto di affitto del Monte Miela, il rettore della chiesa è don Paolo Colomborato da Bassano. Per la prima volta appare il sindaco di Foza, un certo Donato fu Marcolongo con i consiglieri Bernardino Cappellaro e Bortolomeo Ceschi......
....Alla sua morte avvenuta nel 1547 si recano a Campese ser. Gregorio Marcolongo, ser. Zuanantonio Lunardi e ser. Alvise Contro, deputati della comunità di Foza per presentare il nuovo parroco Geremia dei Geremia di Bassano che però dopo soli due mesi lascia il paese......
(pag. 87) - La chiesa della Madonna delle Saette - San Francesco
....poi nel 1840 in chiesa, durante l'ora di dottrina era stato colpito a morte da un fulmine il bambino Marcolongo Giovanni Maria detto Saisar da Valcapra......
....Nel 1686 il 5 giugno è all'eremo fra Francesco da Schio. Nel 1687 si trova fra Gasparo Marcolongo ......
(pag. 89) - Cimitero
....La domenica del 19 novembre 1882 venne benedetto da don Lazzaro Lazzari e poi venne inaugurato con la sepoltura della salma della signora Marcolongo Caterina, moglie di Giacomo Menegatti Russ......
(pag. 90) - Cognomi
....Secondo un censimento fatto nel 1824 risultò che nel paese
di Foza esistevano i seguenti cognomi:
Alberti, Camberlon, Cappellari, Casera, Ceschi, Contri, Cristiani,Faganello, Gazza, Gheller, Grandotto, Lunardi, Lazzari, Leonardi, Lazzaretti, Marcolongo, Martini, Menegatti, Morelin, Oro, Stona, Zorzi, Zuane.
(pag. 109-110) - La parlata
La lingua comunemente usata fino alla prima guerra mondiale era il CIMBRO, un antico dialetto tedesco. Di esso però sino rimasti i Toponimi ed alcuni termini che servono per indicare un luogo secondo la conformazione del terreno. Kalkara (luogo della calce), Cross (sasso), Grabo (depressione), Loch (buco), Laita (campo ripido), Huca (apertura), Plesso (piccola radura), Raut (pascolo in pendenza), Ron (dosso), Tal (valle), Gruba (terreno a forma di conca), Here (posti pianeggianti nel bosco dove si faceva il carbone). E' stato possibile recuperare anche qualche altro vocabolo cimbro riferito da persone molto anziane: Dribee (bastone), Frostar (ciottolato), Hall (legna), Kua (mucca), Hunt (cane), Narro (matto), Russak (zaino), Messer (coltello), Kele (cimitero).
Il dialetto veneto a poco a poco spense il cimbro assumendo con il passare del tempo, esso stesso delle evoluzioni verso una forma sempre più italianizzata.
Ci sono certe parole che stanno scomparendo e meritano di essere ricordate come: Amia (zia materna), Barba (zio), Derman (cugino), Madona (suocera), Messiere (suocero), Jegano (maggiociondolo), Pavajoe (farfalle), Peramoj (maggiolini), Sesie (rondini), Mostaci (baffi), Sopei (ciabatte), Strivi (sandali), Sbolsara (piumone), Goto (bicchiere), Guccia (ago), Sculiero (cucchiaio), Piron (forchetta), Lissia (bucato), Pua (bambola), Sgaruja (slittino), Suzio (vento), Buganse (geloni), Sgrebene (rocce). I nostri vecchi usavano delle espressioni particolari, dei modi di dire del tutto diversi da oggi come: "man de puina", "pestar soa peca dell'orco" (quando qualcosa è andato male), "tirarse na bissa in sen" o "tirarse el martoreo en casa" (indicava la presenza di una persona poco gradita).
I proverbi erano di uso comune.....
- A femena bison che a piasa, che a tasa e che a staga casa.
- Anche na fassina se a xe ben vestia a par na regina.
- Chi ghe dise tuto al mario i mostra el davanti e anca el dadrio.
- De on desgrassià de Dio, steghe tre passi indrio.
- El secio forsa de andar al posso el ghe assa el manego.
- No importa che a riva a metà pansa (la gonna) basta che a sia de usansa.
- Piuttosto che perderghene on giosso, mejo bevarghine on posso.
(pag. 130) - Filastrocche
TUTUM TUTUM MUSETA
Tutum tutum museta
a mama xè 'nda messa,
el pupà xè 'nda sui campi,
a tore i cavai bianchi,
a tore i cavai mori,
in piassa dei siori,
al fantoin che cria,
a mama xè scapà via,
a scampa sul punaro,
a trova Toni caro,
Toni caro ghe fa festa,
el ghe taja via a testa,
a testa sol caliero,
a lengua sul butiro,
e gambe in ostaria,
a pee in becaria,
adio Marieta mia.
(Alberti Giacomo - 16.5.1925)